Domenico Adamo è nato a San Mango d’Aquino nel mese di settembre del 1888. Il
padre Giuseppe, veniva da una famiglia di muratori mentre la madre, Francesca
Tomaino, veniva da una famiglia di proprietari. Il fratello del nonno materno,
Pietro Tomaino, fu sacerdote e poeta.
Frequentò le scuole elementari del paese e prestò la sua opera d’apprendista
presso un sarto.
Nel 1902 andò a Napoli per specializzarsi nel mestiere e restò nella città
partenopea fino al 1908. Ritornato a San Mango, aprì una sartoria; ma nel 1910
si trasferì a Cleto (CS) dove sposò Francesca Ferraro, figlia di Tommaso,
commerciante.
A Savuto nacque la sua prima figlia, Beatrice, la quale sposò Giacomo Perri e
visse a Roma con la famiglia. Nel 1912 partì per l’America, dove incontrò i
fratelli della madre e si stabilì a Brooklyn, New York. In seguito fu raggiunto
anche dalla moglie. A New York aprì una sartoria e con i proventi del mestiere
mandò avanti la sua famiglia, composta dalla moglie e da altri tre figli:
Giuseppe, Tommasina e Adelina. Nel 1923 ritornò in Italia e soggiornò a Cosenza.
Entrato in contatto con i principali poeti calabresi, perfezionò il suo dialetto
ed una volta tornato in America riprese a scrivere con rinnovato impegno.
Pubblicò una prima raccolta di poesie nel 1932, dal titolo “Musa Bruzia”,
dedicata “alla memoria di Giacinto Ferrari, giovane onesto, gentile e generoso,
che visse modestamente, lavorando ed aiutando l’amico bisognoso”.
Fu inserito nell’Antologia “Poeti calabresi in America” curata da Pasquale
Spataro ed il suo nome figurò accanto a quelli di Michele Pane, Antonio
Fiorentino, Francesco Greco, Francesco Sisca ed altri. Nel 1957 le sue poesie
furono inserite in una Collana di poeti italo-americani stampata da “La Nuova
Italia Letteraria” di Bergamo.
Nel 1960 fu pubblicata la prima edizione completa delle sue opere, sempre dal
titolo “Musa Bruzia”, contenente oltre alla sua produzione letteraria, molte
riproduzioni di quadri e di dipinti.
Domenico Adamo fu anche un valente pittore ed i critici hanno scritto che i suoi
quadri “palpitano di calda umanità e di composta delicatezza, tra una piena
corrispondenza di piani e di colori amalgamati dall’indissolubile vincolo
dell’arte”.
Morì nel 1964, in America, con la speranza mai realizzata di tornare a San Mango
per vedere i luoghi che lo avevano visto nascere e dove aveva vissuto la sua
infanzia e la sua giovinezza.
Domenico Adamo fu uno dei primi sammanghesi a prendere coscienza della
condizione di sfruttamento che esisteva all’epoca, si ribellò ai signori locali
ed ai potenti, emigrando. Esule in terra straniera, portò sempre nel cuore il
suo paese; ma non dimenticò mai di condannare, attraverso gli scritti, coloro
che lo avevano costretto a lasciare San Mango. Le sue poesie sono piene della
contrapposizione fra signori e lontadini, fra ricchi e poveri ed il pensiero che
ne deriva, oltre a testimoniare la consapevolezza dell’ingiustizia nella quale
si vive ed il desiderio di cambiare la situazione esistente, esprime chiaramente
una presa di posizione politica.
Le sue poesie furono forse più conosciute in America che in Calabria, ed a
Brooklyn trovò quella soddisfazione che gli era negata in patria. Sincerità
d’animo, spontaneità di sentimenti, amore per le cose semplici e naturali sono i
temi dominanti nelle poesie in italiano.
Poeta di finissima sensibilità, credette in un’epoca nuova, rinnovatrice dei
costumi ed osservò le ingiustizie della vita con un sospiro di rassegnazione e
di compatimento, senza lo strascico doloroso del rammarico e della lamentela.
“La poesia di Domenico Adamo” - è scritto sulla rivista < Il Progresso
Italo-Americano > – “ha i pregi impagabili della semplicità e della spontaneità.
Sebbene non abbia pretese letterarie e l’autore scriva solo per un bisogno del
suo spirito, s’impone subito per la viva passione che lo anima e che traspare,
in tutta la sua veemenza, dalla grazia, dalle immagini, dalla scorrevolezza e
dalla musicalità del verso. Per dare ritmo, flessibilità e musicalità al suo
lirismo, questo poeta, che sente ancora di primitivismo, non ricorre ad esose e
intrigate forme retoriche, ma attinge invece la sua ispirazione agli impulsi
della sua stessa anima, avvalendosi del suo linguaggio modesto, due dei
primissimi elementi necessari a dare vita e fulgore alla concezione poetica”.