Le Vergineddhe
L’usanza trae origine da una promessa votiva fatta alla Madonna per
una grazia ricevuta e nasce dall’esigenza di manifestare pubblicamente la
propria gratitudine e la propria fede.
Il ringraziamento vero e proprio è un
compito che viene affidato al gruppo di dodici bambine, al di sotto dei tredici
anni, che formano la "muta di verginedde"; la loro innocenza apre le porte
del cielo, cui il semplice animo popolare ha coscienza di non potersi accostare a
causa del peccato che avvince spesso gli uomini.
I due giorni della festa sono i più indicati per sciogliere il voto delle
"verginedde"; ma la tradizione consente di farlo anche nei giorni di
mercoledì e sabato del mese di maggio, dedicato dalla Chiesa al culto della
Vergine.
Il gruppo delle bambine, invitate in anticipo, si riunisce al mattino in casa
di colei che ha provveduto a formarlo; ogni fanciulla porta sulla testa una
corona di rose e fiori freschi, che ciascuna ha curato di preparare il giorno
precedente.
Di qua, in fila, e cantando le strofette del "Canto delle verginelle", esse s’avviano
in chiesa, dove ascoltano la messa, dopo della quale, sempre in fila cantando,
scendono verso la Buda, seguendo la tradizionale "via della Madonna":
lungo quest’ultima, così detta perché è il tragitto percorso dalla processione,
sorgono le "conicedde", cappelline erette in varie epoche a testimonianza di
grazie ricevute, e dinnanzi a ciascuna di esse la "muta" si ferma e
s’inginocchia, al canto delle strofe particolari di saluto.
All’arrivo nella chiesa della Buda, si compie un rito significativo quanto
antico: salutata la Vergine, ciascuna "verginella", reggendo in mano una
foglia d’arancio con sopra uno stoppino acceso, percorre – col gruppo – lo
spazio della porta principale all’altare cantando le strofette finali, invocanti
salvezza per l’anima, in un contesto di termini difficili da spiegare. Parimenti
difficile riesce comprendere appieno il senso di tale rito, che probabilmente
simboleggia la conclusione del ringraziamento e la pioggia di grazie che scende
dal cielo sulle anime innocenti; non è escluso un riferimento alla Pentecoste,
quando lo Spirito Santo discese sui Dodici e sulla Madonna nel cenacolo, sotto
forma di lingue di fuoco, pegno d’amore e di salvezza per l’intera umanità.
Ma non è molto importante la ricerca minuziosa di origini e significati,
se si sa guardare la realtà. L’espressione solenne ed innocente delle bambine,
che sembrano essere coscienti dell’importanza del compito loro affidato,
l’ambiente semplice della chiesa senza ornamenti preziosi, in cui si spande il
soave profumo d’arancio, spingono l’animo alla riflessione, spianano le
asperità dei cuori più duri, offrono anche ai più esacerbati un attimo di
misteriosa serenità; dinnanzi a ciò, ogni spiegazione diventa superflua…
Al termine, concluso il rito e rimaste un po’ a pregare e ad ornare la
chiesa con fiori, le verginelle depongono sull’altare le loro corone e riprendono,
sempre a piedi, la via del ritorno, cantando le strofette che annunciano la
conclusione del rito, mentre, in segno di rispetto, al loro arrivo in paese, ogni
porta s’apre al loro passaggio, così come era avvenuto al mattino.
A pranzo esse rimarranno ospiti di colei che ha sciolto il voto, trattate
con ogni riguardo, come si conviene.
Ancora oggi questa usanza è molto sentita, e ogni anno si sente
echeggiare il canto delle verginelle abbastanza di frequente nei giorni indicati.
Questo stesso abbiamo voluto riportare integralmente, perché almeno resti su
un foglio per il giorno in cui gli uomini non crederanno più a questi valori, e la
voce delle <
San Mango d’Aquino-storia folklore tradizioni poesia
A.Orlando – A.Sposato - Rubbettino Editore 1977
© Sanmangomia.it - Webmaster: Pasquale Vaccaro