Venerdi e Sabato Santo
Nella Chiesa di san Giuseppe,
fino a qualche decennio fa, in occasione della
Pasqua – era, peraltro, l’unica circostanza in cui le sue porte s’aprivano –
veniva allestito un "summurcu", addobbo pasquale, al cui centro venivano
esposte all’adorazione dei fedeli le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata, al
termine della processione del Giovedì.
Durante la notte, infatti, era d’uso fare la veglia ai "summurchi",
dividendo il tempo tra la chiesa di San Giuseppe e la chiesa
Madre, dove veniva svelato l’altare della Riposizione, per l’adorazione
dell’Eucarestia.
Il mattino del venerdì si svolgeva la Solenne Azione liturgica, nota al
popolo come "Messa del Venerdì Santo", nel corso della quale venivano tolti
i veli posti sulle Croci la Domenica di Passione.
Subito dopo, con una brevissima processione, venivano prelevate le Statue dalla Chiesa di San
Giuseppe e riportate nella chiesa madre. Qui sull’altare maggiore, uno scenario
preparato con verdi fronde d’ulivo, accoglieva la Vergine Addolorata, sul cui
dolore era imperniata la predica del venerdì pomeriggio, continuazione ideale
del discorso della sera precedente, celebrazione dello struggente tormento di
madre.
Poi la lunga processione che si snodava lentamente per tutte le vie del
paese. I gagliardetti delle organizzazione cattoliche e lo stendardo
dell’associazione del Sacro cuore abbrunati; la mesta atmosfera del lutto
sottolineata dalle note delle marce funebri, dal coro potente degli uomini e dalla
triste nenia dialettale intonata dalle donne; un uomo vestito di un camice
bianco e coronato di spine, il "cireneo", che portava sulle spalle una gran
Croce di legno; il lento ondeggiare del "curiniaddu" della "vara" al di
sopra della folla e, poco distante, il volto angosciato della Vergine ammantata
di nero; le frequenti fermate per "l’incanto", vera e propria gara con offerte
di denaro, per ottenere l’onore di essere tra i portatori, retaggio di tempi più
antichi, in cui le offerte erano in natura; la conclusione, infine, sul sagrato, con
la solenne benedizione della Croce, al calare delle ombre della sera.
Elementi, questi, che il tempo va via via cancellando, in nome del
progresso, di un’emancipazione che lascia pochissimo spazio a simili valori
ideali: ed ogni tradizione che muore porta con sé brandelli d’anima…
Sabato, la celebrazione della Resurrezione. La Messa solenne veniva
celebrata a mezzogiorno, preceduta dalla liturgia delle benedizioni del fuoco e
dell’acqua, simbolo di vita e di rinascita. Al canto del "Gloria" cadevano i
tristi veli del lutto: al centro dell’altare maggiore, in mezzo agli addobbi del
"summurcu", splendidamente trasformato dal riverbero delle luci e dai fasci
di fiori profumati, in luogo dei malinconici
"vurvini", appariva l’immagine
di Gesù Risorto, che s’ergeva al di sopra di una tomba aperta, segno di vittoria
sulla morte. Sotto la volta dei tempio echeggiavano le note allegre e squillanti
della banda musicale, mentre le campane scioglievano il lungo silenzio,
annunciando con il loro suono armonioso il trionfo del Redentore.
La gloria della resurrezione veniva celebrata anche nelle famiglie, riunite
intorno al desco: era simboleggiata dalla "cuzzupa",
pane di forma rotonda,
contenente uova sode, una per ogni familiare, ed al centro della quale era posta
una foglio di ulivo benedetto, simbolo di pace.
E mentre nei gironi precedenti i pasti erano frugali, consumati quasi in
fretta, il pranzo del sabato era particolarmente ricco, come d’altra parte è
d’uso fare in ogni festività.
Attualmente la settimana santa, anche se molto sentita, s’articola in
modo diverso, dopo la riforma liturgica di cui s’è parlato. Sono scomparsi i
grandi addobbi della chiesa, ed anche lo spirito di diverse cerimonie è
cambiato. La Messa del giovedì e celebrata di sera, così come l’Azione
Liturgica del venerdì, nella cui serata hanno luogo la predica di passione con la
chiamata della Madonna, e la processione notturna fino al Calvario, al termine
della quale si rientra alla chiesa madre.
Non si tiene più la predica dell’Addolorata e la processione per tutte le
vie del paese si svolge nel tardo pomeriggio del sabato, mentre nella serata dello
stesso giorno si celebra la liturgia della Resurrezione.
Questi ricordi del passato e quanto di essi rimane nel presente affidiamo
alle generazioni future, retaggio di un’epoca forse più povera e meno agiata,
certamente più ricca di valori ideali.
E quando l’evoluzione dei tempi e la frenesia di vivere avranno cancellato
completamente queste tradizioni o le avranno conservate, per amore del
pittoresco, riducendole a semplici manifestazioni folkloristiche, si ricordi che
un giorno esse erano espressione della fede profonda d’un popolo intero,
capace di commuoversi dinnanzi al dolore di una Madre, che avanzava per
abbracciare il Figlio perduto; e si dica che in quegli istanti anche il cuore più
duro era scosso, mentre da molti occhi scendevano lacrime sincere di dolore,
d’amore, di pentimento…
San Mango d’Aquino-storia folklore tradizioni poesia
A.Orlando – A.Sposato - Rubbettino Editore 1977
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