Acquisto degli usi civici

da ricerche di Francesco Torchia


Analizziamo il modo in cui i Sammanghesi acquistarono l’esercizio degli usi civici.

Carlo d’Aquino nell’anno 1591 acquisto’ il feudo di Savuto, e sue rustiche pertinenze sotto l’asta fiscale dell’allora reggia camera, e dietro fatta la compera, ebbe ogni sollecitudine a rendere nobile quella rustica e feudale parte del territorio di detto feudo e propriamente quella parte, dove vi eresse la novella patria, che nomo’ Sammango, e vi comincio’ a chiamare all’uopo dei novelli abitanti, e le riusci’ il disegno merce’ il colmo di tanti privilegi loro offerti, e concessi circa i bisogni di prima necessita’ della vita, per cui sin da allora si generarono e si cominciarono ad esercitare i concessi usi civici su quel territorio rustico e di natura feudale, e non pote’ essere altrimenti, e d’altra parte essi nuovi abitatori adescati e attirati di tanti privilegi, si sottoposero ad un padrone, e ne abbracciarono il servile nome di vassallo, e cosi’ continuarono di età in età gli indigeni posteri , e quei primi usi civici concessi dal primo loro principe, si sono sempre pacificamente esercitati sotto gli altri principi successori, perche’ diritti tendenti a quanto era necessario a poter soddisfare di continuo ai bisogni di prima necessita’ della vita, onde ragionevolmente chiamarsi si debbono tali concessi usi, usi donati con i cittadini di S. Mango; e non mica se ne potrà’ allegare la loro sussistenza, o adesione.

Finalmente la casa d’Aquino fece altro piccolo acquisto di nove moggia di terra attaccate a Fabiano. E proprio nel Tregone ( Vallone Dragone), da Giacomo Suberati di Nocera. Quei terreni erano pure soggetti alla camera baronale, giusta l’istrumento esistente tra gli atti.

Accresciutosi il numero dei novelli abitanti non sotto tende, o sotto boscarecci tuguri abitarono ma in caserme, ed in camere fabbricate dall’arte di essi abitatori .

Il principe suddetto vi eresse la chiesa parrocchiale sotto il titolo di S. Tommaso d’ Aquino ed il diritto jus patronato; la doto’ di un beneficio di ducati 15 l’anno da celebrarsi da quel curato una messa la settimana, e la doto’ pure delle decime sopra le famiglie, giusta l’istrumento di dotazione presso il notaio Francesco Piccolo di Nicastro nell’anno 1647, dove citasi di aver fatto i capitoli.

Dopo poco tempo la doto’ di un altro pingue beneficio di ducati 12 l’anno da celebrarsi ogni giorno delle messe dai sacerdoti di detta chiesa, e la ipoteco’ sopra la Montagna del Pruno, dove ipoteco’ anche l’altro beneficio del Parroco, siccome si asseriva dall’istrumento di sopra presentato.

Sin dall’origine dunque la patria novella si sono sempre esercitate senza interruzione quei usi civici concessi dal principe sopra i tre vasti corpi Fabiano, Vignali e Montagna del Pruno, che sono usi di pascolare, abbeverare, allegnare, fare calce a mercemonio, e di seminare sotto la corrisposta annuale.

Essi novelli abitatori ebbero bisogno per necessità di mezzo di abitazioni, e di un giardinetto per comodo di foglie, e di fatti il principe concesse l’oro l’aia di casa e giardinetto accanto franco di peso, e veramente l’ingenere esiste oggi giorno. Ma siccome la fabbrica richiede della calce, così quei primi abitatori ebbero concesso il diritto di far calce e per comodo proprio, ed a mercimonio, e si è così sempre a due secoli e mezzo esercitato..

  1. Ecco dunque generato, nato e concesso loro il diritto di far calce in quel territorio, del quale ne fu suscettibile la difesa de Vignali, e di Fabiano, perché davano il comodo dei materiali necessari, come li darebbero ancora. Si sa che senza l’industria degli animali non può quasi sussistere in nessuna società o patria, e specialmente quella di Sammango, della quale non solo i primi abitanti, ma i successori furono nella maggior parte pastori di animali cornuti e di più ogni bassa famiglia nella maggior parte tiene ed ha tenuta una porca c.v., ed una pecora appresso l’asina per industria annuale, e per loro sostentamento, a come gli animali debbono pascolare, e bere necessariamente così nacque, e fu concesso il diritto di pascolare, e di abbeverare; e per non danneggiarsi tutto il territorio, e come pure perché le famiglie prive di territorio proprio non avevano dove pascolare gli animali domestici, così per consenso del Principe, si eresse per uso comune di pascolo la Montagna del pruno, Fabiano ed i Vignali.

  2. Ed ecco nato, e concesso l’uso civico di pascolare, ed abbeverare, e si è a due secoli e mezzo circa, esercitato. Quei abitanti ebbero bisogno, - come quegli del mondo intero- già dell’elemento del fuoco, altrimenti non potevano sussistere in un luogo di montagna, ed esposto all’Aquilone specialmente, com’è sito S.Mango.

  3. ed ecco dalla necessità di mezzo nato e concesso il diritto di allegnare dal Barone sul territorio che nei primi anni era tutto quasi boscoso, ma in seguito per comune consenso restò sopra i tre suddetti vasti corpi, essendo stato il resto del territorio, sotto altre varie denominazioni, dato a censo ai medesimi accresciuti vassalli, per farne particolare uso in piantagioni. Essi abitatori dovevano necessariamente governare e vivere la vita col pane, onde bisognò loro seminare dei cereali per poterlo procacciare, e mangiarlo nel sudore della loro fronte, giusta il divin comando. In sudore vultus tui vescaris pane tuo.

  4. Ed ecco generato, nato e concesso il diritto di seminare, che sempre si è esercitato, e sin d’allora sotto tassa annuale corrisposta, e perché il territorio si era in parte concesso agli abitanti per proprietà particolare, come si è detto; così per terreno comune e di pascolo, e di seminare restò quel di Fabiano, Vignali, e Montagna del Pruno, ed in questo modo cominciossi a sboscare, ed a seminare; e si diede in tal maniera principio, ed aumento al nuovo Casale di Sammango, mentre le famiglie povere, ed indigene di quei convicini paesi quivi a folta si portavano a stabilire la loro abitazione, ed il loro vantaggioso tenore di vita, e così fra pochi anni la Casa di Aquino ebbe il bel piacere di vedersi un recente rustico Feudo reso nobile, e si vide ossequiato di un gran numero di nuovi vassalli, su dei quali dominò sempre. Di più, sopra le difese de vignali concesso vi fu dal barone ai vassalli altro significante, e privilegiato diritto, cioè negli anni carichi di ghiande si serrava detta difesa nel mese di settembre, e si svadava nel 24 novembre del medesimo anno, tempo in cui le villanelle coperte di logoro sacco quivi si portavano a pascolare la porca c.v., e la domestica pecora, nonché tutti i pastori rurali di pecore e vaccine, tutti allegri, e suonando i boscarecci strumenti, e le dolci zampogne, calavano la notte di s. Caterina a ripigliare il pascolo, e col diritto ancora di battervi le ghiande che ancora immature, esistevano sopra i piedi delle ramose querce; e così si continuava per tutto il resto dell’anno; ma negli anni di scarica, la foresta restava libera e senza guardiani, e non mai si serrava: e perciò vi si pascolava da chi voleva, per tutto l’intero anno. I massari vi avevano il diritto ancora di tagliare le frasche dal fusto delle querce per sino all’impalcatura, per comodo, e pascolo delle vaccine, ed in tale occasione le donne di campagna quasi unite in massa si portavano quivi a caricarvi dette sfrondate frasche per uso di arderne il forno e cuocere il pane. E questo diritto recava un comodo grandissimo all’intera cittadinanza, nonché un utile.

  5. Ed ecco l’altro diritto di guadare la difesa Vignali negli anni di carica e tagliare le frasche dai fusti in ogni anno, e nel tempo che richiede la stagione, per non offendersi l’albero. La difesa Fabiano, solamente negli anni di carica stava serrata da settembre a tutta la durata delle ghiande, ed in tutt’altro era affetta da usi civici. E finalmente la difesa Vignali fu concessa con istrumento ai massari di S.Mango ad estaglio annuale sotto corrisposta di tumola 50 grano bianco alla Camera Baronale, e si è tanto eseguito da quei bracciali, e massari per più e più anni, e sino all’anno 1822.

  6. Ed ecco nato e concesso il diritto di colonia perpetua sopra il vasto terreno, che fu, per altro disboscato dai s. Manghesi medesimi, che da terreno inutile, quale era, il resero fruttuoso alla Baronale camera. I tre vasti corpi dunque Fabiano, Vignali e Montagna del Pruno sono stati sempre affetti e zeppi di antichi usi civici, esercitati dai Sammanghesi e non mai si sono contraddetti da contemporanei Principi D’Aquino, e si sono esercitati dall’anno 1591 al 1822 senza interruzione alcuna, onde irrefragabile è la loro esistenza, e per ciò so dicono DIRITTI INGENITI con quei cittadini.

Per la legge del 2 agosto 1806 che aboliva la feudalità e per l’altra dell’1/10/1806 che disponeva la divisione dei demani ex feudali, l’università o Comune di San mango davanti al commissario ripartitore per la Calabria Citra cui allora era stato assegnato S. Mango, chiese la compensazione degli usi civici da essa vantati sulle terre denominate “ vignali” e “ fabiano”. Nel mese di_______ del 1808 e prima il Marchese di s. Giuliano piomba in S.Mango per adempiere al mandato conferito dal fratello Duca di Laurito.

Il solerte marchese si pose subito al lavoro dimorando per giorni nel palazzo Moraca. Si svolgono numerosi ammiccamenti tra le famiglie notabili del paese. L’accanimento dimostrato dal Marchese nel voler dirimere personalmente ed ad ogni costo la vertenza, ricevendo false attestazioni e cercando complicità dimostra però un impegno invero inconsueto in un personaggio di alto rango che avrebbe dovuto invece con distacco ed imparzialità. Senza azzardare supposizioni che ci porterebbero lontano, riteniamo che egli abbia impostato il suo comportamento animoso nella suggestione prodotta in lui dalle distorte informazioni raccolte o fattegli pervenire ed adeguatamente pilotate da chi aveva interesse a calpestare gli interessi dei propri compaesani.

Il Duca di Laurito erede nell’anno 1808 ottenne privato ordine da quella occupazione militare, affinchè si fosse fatta la liquidazione di Sammango che di fatti si fece e si riportò a capo, ma si fece privatamente, e senza le richieste formalità, dalla legge commendate, e si dimostra. Dietro che il duca Laurito venne istituito erede del burgensatico della ultima principessa dello stato di Feroleto, e Castiglione altra premura non ebbe che di far liquidare burgensatici quei beni di Stato, che di natura erano feudali, e con effetti le riusci il disegno per l’ex feudo di Sammango sin dal mese di aprile del 1808 durante le operazioni di liquidazione degli agenti razionali Ricciardi ed Arena.

Intanto eco di ragionata difficoltà mi batte l’orecchio, dicendo: perché nel decennio non si divise l’ex feudo di S.Mango, siccome vi fu assoggettato il territorio di Savuto a favore di quei poveri vassalli, laddove S. Mango dipende dal medesimo istrumento di Savuto del 1591, e laddove S. Mango fu eretto nel medesimo territorio feudale di Savuto?.

Difficile proclamarne la risposta, ma il nucleo vero di tal proposta difficoltà si scioglie su di un piede, e col seguente periodo. Siccome l’erede ebbe premura di far liquidare l’ex feudo di S.Mango di natura burgensatico, moltissima sollecitudine aggiunse in seguito a maneggiarsi, perché nel decennio non si fosse fatta menzione di detto ex feudo da quella commissione demaniale, ex feudale, altrimenti tutto si scopriva dal solo istrumento del 1591, e dall’apprezzo quivi inserito, e dalla comprova dei su cennati usi civici.

Il duca di Laurito dunque nel decennio e prima procurò rendersi amica qualche persona dominante in quella patria, e vi si riuscì, e si rese anche ligio quel Sindaco, e parte dei decurioni maggiori, nonché quell’Economo Curato Saverio d’Agostino, e di fatti se li comprò.

All’economo nominò Parroco di quella vacante Chiesa, perché di jus patronato. Ad altri del Decurionato, ed a quel sindaco diede dei terreni nei corpi Fabiano, e Vignali, e sono i seguenti:

Totale tumolate regalate 75;

Notar Angelo Moraca Prima 1808 Tumolate 18 Fabiano
Sindaco F.Sco Saverio Moraca-medico 1809 Tumolate 17 VIGNALI
Sindaco F.Sco Saverio Moraca-medico 1809 Tumolate 20 Fabiano
Francesco Berardelli 1809 Tumolate 5 VIGNALI
Gaspare Sacco-medico 1809 Tumolate 10 Fabiano
Francesco Berardelli 1816(vend.Gatti) Tumolate 5 VIGNALI

Lo smembramento ebbe luogo mediante i concerti occultamente praticati dal Marchese di S. Giuliano e dal duca di Laurito con le maggiori autorità del Comune e principalmente col sindaco, il quale per niente attaccato agli interessi del Comune, si prestò alle insidie tese dai due F.lli Laurito, senza ponderare i danni che a danno di questo si perpetravano.

Tutti i sopracitati individui tosto chè si resero ligi i venduti al detto Erede, ebbero ogni premura a proteggerlo, e correre a rovinare la propria patria. Essi prevalsero, ad acquistarono una ascendenza sopra il resto del Decurionato, essendo proprio dei malandrini divenuti superiori ai buoni, a dispotizzare a loro piacere per cui nel 1810 chiamato il Sindaco, e Decurioni su cennati, dalla Commissione feudale nel convicino Comune di Martorano a casa del sig. Medici, e demandati se vi erano usi civici sui beni ex feudali in S.Mango, essi risposero (non so con quale coscienza) negative, e giunsero, i sacrileghi a negare i patrii diritti, onde per tale ragione, e deferenza sì perfida, non si fece la decisione, ma non ostante nessun decreto si emanò da quella pre lodata commissione né pro, né contro S..Mango, siccome si poteva osservare dalla raccolta di quei decreti, e di quelle decisioni feudali, tra le quali S.Mango non viene nominato.

L’agente demaniale sig. Cubelli in giugno del 1814 a seguito di incarico ricevuto si recò in S. Mango al fine di verificare le servitù che il comune asseriva esercitare sulle terre ex feudali e dal sopra luogo effettuato dal citato agente demaniale si accertò:

L’Agente demaniale Cubelli attestò anche la natura burgensatica dei corpi feudali. A seguito della verifica dell’agente demaniale Sig. Cubelli, l’Intendente di Cosenza in data 19/7/1814, pronunciò la seguente ordinanza: “ e sul motivo che trovasi comprovata la qualità burgensatica (terreni acquistati dal feudatario e di sua personale disponibilità ) dei fondi “vignali” e “ fabiano” li dichiarò esenti da divisione; Che le servitù civiche che esercitavano i cittadini di S. Mango restassero ferme” , per cui rimando’ il Comune ad adire il tribunale superiore per poter ottenere il compenso dei comprovati usi civici sopra i cennati corpi.

Questa ordinanza fu lesiva non solo al comune di S. Mango, ma benanche all’erede; al Comune, perche’ le toglieva la quota sopra i terreni per ragione degli usi civici, all’erede perche’ decisero dare il compenso sopra beni burgensatici, che giammai potevano essere soggetti ad usi civici, e per conseguenza nemmeno al compenso, per la ragione ancora che usi civici sopra beni burgensatici, e compensi sopra gli stessi, sono termini incompatibili, e distruttivi tra loro.

Ma come l’erede Laurito conobbe tutto l’intrigo gia’ procurato non nè reclamo’, giacche’ se ne reclamava, si poteva analizzare tal contraddizione, e tal contraddittoria ordinanza, e cosi’ si poteva scoprire la verità’ della feudalita’ nascosta e velata. Una altra ragione fece astenere l’erede a fare il gravame, e fu, senza dubbio, che penso’ di rispondere in appresso, allorche’ il Comune domandava il compenso, adducendo allora esso erede il seguente motivo, cioe’ che i beni burgensatici non mai sono stati soggetti ad usi civici; e cosi’ rendeva contraddittoria e nulla in se stessa la ordinanza, e senza strepito, dolcemente spogliava per intero quei poveri cittadini della loro sussistenza, e di quanto loro spettato avrebbe per giustizia, e merce’ gli sparsi sudori della loro fronte, a dei loro predecessori.

Il comune pero’ fu diligente, e si scosse nel pensare che impossibile era l’essere un ex feudo di natura burgensatico, molto piu’ che fu eretto nel territorio feudale di savuto, e nel pensare pure, che i cittadini del detto Comune di Savuto avevano avuta la quota su i terreni ex baronali di quel comune, dipendenti dal medesimo istrumento del 1591, e conoscendo pure che i beni burgensatici non potevano essere affetti di usi civici, di divisione, e di compenso venne percio’ in piena cognizione del quanto era lesiva ed illusiva la citata ordinanza del 1814, onde dietro che fu notificata ai contraenti nel mese di ottobre di detto 1814 ne riporto’ il reclamo.

In tempo vicino al 1815 riusci’ quindi il succitato Erede vendere a sig. Giovanbattista de Gattis di Martirano,( Il DE Gattis era un noto possidente di Martirano proprietario anche di un fondo acquistato con contratto di compravendita dell’8/1/1812 per ducati 13.117,50 (pari a £. 55.749) dai Minimi di Fiscaldo e Degli Agostiniani di PAOLA), l’ex feudo franco e libero di ogni peso e servitù, per lo prezzo di ducati seimila, la dove valeva da ventimila circa. Tale vile prezzo dimostra chiaramente che dovettero i contraenti colludere insieme a danno del fisco, e a danno del comune, e la precipitanza della vendita ne fa emergere la verita’.

Nel vecchio Catasto terreni del Comune di S. Mango alla partita n. 203 in ditta Duca di Loreto in Napoli è riportata la seguente annotazione: certificato del decurionato del 22/10/1815, n. 128 del 1816 e detti immobili sono individuati:

a tutti i citati beni immobili è stata attribuita una rendita complessiva di £. 2.194,83;

Con il passaggio di proprietà a seguito di atto di compravendita il De Gattis subentrò nei diritti vantati dal duca di Laurito sugli immobili del feudo. Il De Gattis visto che l’intendente di Cosenza aveva riconosciuto ai cittadini gli usi civici sui terreni, si rivolse al Consiglio di Stato per l’annullamento dell’ordinanza del 19 luglio del 1814.

Il Comune di San Mango munito di altri documenti dimostranti la feudalità dei fondi “vignali” e “fabiano” fece altrettanto. e con legali documenti fatti estrarre dall’archivio generale del regno, comprovanti la natura predetta feudale, non solo dei corpi in questione ma di tutto l’intero ex feudo, e ragionatamente si presentarono al ministero delle finanze, che da questi se ne diede tosto conoscenza alla commissione feudale, e da quivi tutte le carte all’uopo, presentate, si mandarono nella gran corte dei conti, la quale dopo lungo scrutinio si dichiaro’ incompetente, onde nel mese di giugno del 1817 n’esterno’ il di lei parere, e fu che il Comune adito avesse il tribunale competente in provincia, per lo disbrigo della vertente causa. Di nuovo si reclamo’ in seguito dal deputato nel ministero delle finanze per la feudalità, e questa scrutinarsi nel competente provinciale tribunale, e ne domando’ i pressanti ordini, per cui nel mese di novembre del detto 1817 s.e. ministro delle finanze fece conoscere al suo collega ministro degli affari interni la natura feudale dei due corpi “fabiano” e “vignali”, per cui calo’ ministeriale diretta all’intendente provinciale di Catanzaro, dandole conoscenza della predetta natura feudale dei due corpi in questione “fabiano”, e “vignali”, “ ordinandole ancora che riscossi degli ulteriori lumi da quel Sindaco e decurionato su i due corpi, avesse in seguito posta in sicuro la quota spettante a quei cittadini per ragione degli antichi esercitati usi civici, giacche’ le due foreste “fabiano”, e “vignali” erano di natura feudale, quale ministeriale e’ nel foglio.

Si adempi da quel sig. Intendente, si adempi pure da quel decurionato a dare dei sufficienti lumi in un decurionale rapporto, in virtù del quale, da quel prelodato sig. Intendente ricevuto, tosto si ordino’ la comprova degli usi civici su i detti corpi, che si fece per mezzo di un consigliere di intendenza, nomato d. Nicola Sacco; Indi incaricato sig. Intendente come autorità’ delegata, in virtù’ dei reali decreti del primo ottobre 1819 e di aprile, o maggio 1821, supremamente autorizzato, ne venne coll’assistenza delle parti, all’uopo legalmente citate, a parlare la causa in pubblico e pieno consiglio, e decisesi con apposita ordinanza del 6/6/1821 : che i demani ex feudali Vignali , Fabiano e Montagna del Pruno siano divisi per metà a favore del comune di San Mango d’Aquino e per l’altra metà a beneficio del sig. De Gattis Giovambattista avente causa del Duca di Laurito, Monforte Filippo. La parte da accantonarsi al comune di San mango sia delle migliori terre e fosse quella più prossima all’abitato. Sia fatto salvo il diritto di colonia ai cittadini, da definirsi presso il tribunale competente sulla foresta vignali.

Avverso la sentenza del 6/6/821, il DE Gattis fece reclamo presso la suprema Corte dei Conti; La comune ne domando’ copia e le fu rilasciata, ed indi si notifico’ al Gatti. Quindi spedì’ ordine quel intendente, che il Sotto Intendente di Nicastro ne avesse fatta l’esecuzione, comportarsi in S. Mango. Il comune perché esausto di tante erogate spese, evitò di fare il sequestro su di tante partite, e coloni, e si astenne ancora, perché di giorno in giorno attendeva il destinato divisore per eseguire l’ordinanza del 1821.

Quel prelodato sig. Intendente, dietro tal procastinamento rinnovo’ gli ordini per l’esecuzione, ma quel Sotto Intendente, Maio Durazzo continuo’ a dilazionare, e tutto con arte, giacche’ accoppiato si era con "Gatti", cui dava la mano, e diede tempo di richiamare in atto di gravame nella gran corte dei conti la detta ordinanza.

La discussione del reclamo che venne effettuata senza la presenza dei difensori da parte del Comune e l’esito non poteva non essergli favorevole. Infatti la suprema Corte dei conti si pronuncio: di annullarsi l’ordinanza del 6/6/1821 e di ordinarsi che le parti si provveggono a norma della legge per la discussione del reclamo prodotto contro l’ordinanza del 19/7/1814 e richiamarsi gli atti della discussione. L’avviso della suprema Corte dei Conti venne approvato con reiscritto del 2/10/1821 e convertito in decisione definitiva venne notificato al Comune il 4/5/1822.

Il comune si oppose all’ordinanza. La Suprema Corte infatti, a seguito del ricorso del Comune, ne rigettò l’opposizione e confermò integralmente la decisione del 7/10/1821. Nel merito, la Suprema Corte dei Conti annullò addirittura l’ordinanza dell’intendente di Cosenza del 14/7/1814 ed ordinò “che le parti si provveggono come di diritto e davanti ai giudici competenti, senza impedirsi ai cittadini di S.Mango l’esercizio dei diritti dei quali erano in possesso nell’anno 1814 sui fondi “vignali” e “Fabiano”. Si avverte che Gatti doveva notificare al comune l’appello che fece presso la Corte dei conti, di procedura articolo 164-parte quinta - e perché manco’ di tal rito, ne segue la nullità si dell’appello, che dell’annullamento dell’ordinanza onde si dovrebbe a questa ragione e seguire l’ordinanza, molto più’ che la legge del 1810 vuole, che non può appellarsi di una ordinanza già’ malfatta, se prima non si eseguisca.

La Gran Corte già’ condiscese ad annullare la medesima, sopra effimeri motivi addotti dal gatti, e l’annullo’ pria di eseguirsi, lasciando pero’ al comune la libertà di produrre delle ulteriori ragioni sulla prima ordinanza emanata dall’intendenza di Cosenza nell’anno 1814. Indi gatti per non avere chi l’ostacolasse in appresso nella G.C. dei conti si maneggio’ a far perdere i difensori del comune, e le riuscì pure, merce’ le false processure del De Matteis, come da per tutto si sa la enorme calunnia ordita dal Gatti. Cioè avendo esso ottenuta la nullità di detta ordinanza, e conoscendo di non aver legali e sufficienti ragioni a poter eliminare gli ostacoli facenti presso la gran corte dei conti avverso i suoi addotti motivi di nullità, penso’ di far perdere i difensori del comune suddetto, e perciò si uni all’int. De matteis, e coll’aiuto di altri loro satelliti, si ordì’ una ideata reità settaria, calunniosa e si ferale, che furono i difensori condannati al terzo grado dei ferri in marzo 1823.

Il Comune di San Mango dopo la decisione pronunciata dalla Consulta ed approvata con reiscritto del 25/10/1835, fornitosi di altri ulteriori documenti per dimostrare essere di natura feudale le due foreste Vignali e Fabiano inizia il giudizio presso il Giudice ordinario nel 1836. Il tribunale civile della circoscrizione della Calabria Ultra 2° con Sentenza del 15/11/1851, riconosceva la natura feudale delle due foreste vignali e fabiano. Avverso la predetta sentenza fu prodotto appello da parte del De Gattis che però fu rigettato dalla Suprema Corte Civile con decisione del 13/4/1853. Migliore sorte non ebbe un ulteriore ricorso prodotto dal De Gattis contro la citata decisione del 1853, ricorso rigettato con sentenza dell’1/4/1856.

Dopo oltre 40 anni di cause e ricorsi alle corti di giustizia il Comune di san Mango d’Aquino, ottenuto il favorevole esito dai tribunali ordinari - le due foreste Vignali e Fabiano vennero riconosciute definitivamente di natura feudale e quindi, per la legge del 1806 soggette a divisione, in virtù degli usi che il Comune di san Mango ha dimostrato di esistere sui predetti terreni. Il 10/10/1856 con apposita ordinanza l’Intendente della Circoscrizione della Calabria Ultra 2° fu disposto che i predetti terreni venissero periziati e circoscritti.

La perizia degli immobili e la relativa delimitazione dei confini venne effettuata dal Consigliere distrettuale sig. Francesco Saverio Iugale nel 1858. L’agente demaniale sig. Pier Paolino Gimigliano per incarico ricevuto dalla Prefettura nel 1862, si recò in S.Mango nel 1863 per l’accertamento degli usi esercitati dai cittadini di San Mango sulle terre Vignali e Fabiano e la montagna del pruno. Dalle prove raccolte dal Sig. Gimigliano si desume che:

Il Gimigliano, pure per incarico ricevuto dalla Prefettura cercò una via di conciliazione tra le parti, ma nonostante l’impegno dell’agente demaniale e dei rappresentati del Comune di S.Mango, l’incarico dello stesso non sortì alcun effetto in quanto non si riuscì a concludere un bonario componimento. Con Ordinanza del 14/10/1863 vennero invitati, tanto il sindaco di San Mango, tanto gli eredi del De Gattis in quanto questi era deceduto anni prima, a prendere visione degli atti della causa nell’Ufficio Demaniale ed il dibattimento e la sentenza venne fissata in un primo tempo per il 28/10/1863 e successivamente spostata dalla Prefettura al 5/1/1864.

Si sono premesse le seguenti questioni:

Sulla 1°:

Su la 2°:

Omissis ordina e provvede:

E’ questo l’epilogo di circa 60 anni di dure battaglie condotte nelle aule giudiziarie e combattute da un popolo che mai si era rassegnato a dover rinunciare ai propri sacrosanti diritti. L’esito della sentenza non fu completamente favorevole in quanto gli venivano riconosciuta solo un parte del terreno ex feudale. Tuttavia il popolo di San Mango aveva dimostrato, ove ve ne fosse bisogno, che nonostante lo strapotere della famiglia De Gattis che tanto dolore, angoscia ed intimidazioni di ogni tipo in ogni tempo avevano cercato di infliggere, finalmente la ragione aveva prevalso sulla forza.

Non passò molto tempo che si diede inizio alla demarcazione della parte dei terreni spettanti al comune di san mango. Nella località Buda la delimitazione del confine non necessitava della installazione di termini lapidei nel lato nord in quanto lo stesso venne stabilito dalla strada interpoderale che dalla località pietra della sella conduceva al fiume Savuto: la attuale cava della madonna. Il lato nord venne delimitato e circoscritto con la costruzione di una nuova strada che partendo dalla parte estrema di pietra della sella con l’incrocio della via comunale “carruggio” ad andamento formante la parte esterna di un triangolo rettangolo veniva ad incrociare la “cava della madonna” circa 150 mt. a monte della chiesa della madonna della buda. La parte posta a sud venne circoscritta mediante la costruzione di una nuova strada convicinale che partendo dalla strada carruggio scendeva a picco nel fiume Savuto con andamento grossomodo rettilineo. La sede stradale avente larghezza di circa 2 metri, venne delimitata con due muri laterali dell’altezza di circa 1 metro .

Il 15/5/1865 alla presenza dell’Agente demaniale arch. Federico Catanzari in S.Mango d’Aquino venne compilato lo stato di assegno delle quote della zona Buda-Vignali. Ogni quota aveva la superficie di circa 2500-3000 mq. Circa tre quarti di terra. Le operazioni di quotizzazione venne omologata dal ministro dell’Agricoltura Rocci il 18/8/1865. Nello stato di assegnazione venivano stabilite alcune prescrizioni tra le quali: una stabiliva l’inibizione di vendere ed ipotecare la quota assegnata per un periodo minimo di 20 anni e nessuno doveva mancare al pagamento del canone annuo a favore del Comune: £.4,20, servendo con questo a pagare i pesi; un’altra stabiliva che qualora il pagamento non veniva corrisposto per anni tre consecutivi, la quota sarebbe ritornata al demanio comunale e sarebbe stata riassegnata ad altri cittadini aventi i requisiti per l’assegnazione e la persona inadempiente perdeva ogni diritto sulla quota e non aveva più titoli per ritornarne in possesso.

La prima quotizzazione del terreno riguardò solo i fondi Vignali e Fabiano ed avvenne mediante la ripartizione in 150 quote e l’assegnazione avvenne a favore dei cittadini che versavano in particolare stato di bisogno e che non avevano nessun altro terreno nel territorio del Comune

Per quanto riguarda la montagna del pruno la parte nord e sud veniva delimitata dai burroni Frasso e Ceraso, la parte est veniva delimitata da termini lapidei e la medesima cosa veniva fatta per la zona a valle del terreno. A differenza della zona Buda e Vignali che erano ricche di falde freatiche presenti in quasi tutte le quote e la cui natura di qualità era seminatoria, gelseto, vigneto ecc., la zona della montagna del pruno era di natura boschiva, sterile ed incolta e tale immobile non venne quotizzato interamente. Su detto terreno della superficie di circa 60 tomolate veniva praticato per lo più il pascolo da parte di pochi individui oltre che la coltivazione di pochissime parti e veniva regolarmente iscritto nel bilancio del comune nella categorie entrate per la somma di £.85 quale terraggiera del fondo montagna.

Intorno al 1873 la mancanza di lavori costringeva i cittadini ad allontanarsi anche fuori dal comune per guadagnarsi da vivere e convinse gli amministratori ad effettuare delle opere di miglioramento fondiario tale da consentire al terreno un uso per coltivazioni ed assicurare al comune l’introito dell’entrata iscritta. Il mese di settembre iniziarono i lavori di disboscamento di tutto il fondo e la vendita all’asta del legname ricavato.

Nel 1874 il terreno ripartito in circa 21 quote di una tomolata ciascuna e venne assegnato ai cittadini che avevano avanzato istanza.

 

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